Che io stia diventando buona. Ma no, impossibile. Eppure
non posso parlare male di nessuno degli autori che ho visto a questo Salone
Internazionale del Libro (con tutte le maiuscole come le vorrebbero loro). Ci
proverò lo stesso.
Cominciamo con Giorgio Faletti. Lo dico: non è che io volessi
proprio andarlo a vedere. E però è
stato divertente. Sopperendo alle lacune lasciate dalla conduzione pressoché
assente (e fastidiosa) di Giovanna Zucconi – che ripeteva come un disco rotto:
«Tu che hai avuto successo in tutto quello che hai fatto: vai a San Remo e praticamente lo vinci, fai lo
scrittore e vendi milioni di copie… adesso fai anche il pittore…» – ha camminato alla Vito Catozzo, ha raccontato quando l’hanno scambiato per Coelho e ha parlato di sé molto modestamente. Ma
soprattutto mi è piaciuto quando ha tirato fuori dallo zainetto il pulisci-macchia
(di cui io ignoravo l’esistenza) diventando per sempre la figura alla quale mi ispirerei
semmai dovessi scrivere un poema cavalleresco moderno.
Poi. Bellissimo l’incontro con Enrico Terrinoni, che a
soli 36 anni ha tradotto Ulisse di
Joyce per Newton Compton e che, non solo ci ha illustrato vari esempi del suo
lavoro, ma ci ha fatto subito ricredere dopo averci fatto inorridire per aver
visto scritto «pò» con l’accento invece dell’apostrofo (imitativo della
scrittura scorretta di Molly) – noi siamo come l’Accademia della Crusca in
delegazione, quella che non dice «fare lo spelling» bensì «compitare», come
vuole il Signore Oscuro.
Due note dolenti. La prima: Ammaniti. Plauso agli
organizzatori del salone per la scelta intelligente di metterlo nella sala
gialla, ché più piccola di quella c’era il magazzino delle scope. E infatti io
e Spocchiagirl non siamo riuscite a entrare, declinando con garbo la
possibilità di sventolare il nostro tesserino stampa (mica cazzi) come
avrebbero voluto i nostri accompagnatori che avevano fretta di consumare un
lauto pasto da Eataly (per questo «eataliani» del titolo, ché altro non mi
veniva).
La seconda: Saviano. Avrei voluto tanto vederlo (così come
la Littizzetto),
ma l’incontro è stato tenuto nel più stretto riserbo.
E poi c’è stato lui. Lui: colui che viene cinto d’assedio dagli
umori femminili al solo apparire, manco qualcuno avesse pronunciato: «Donne, è
arrivato l’arrotino!». Colui a cui tutto si può perdonare, anche Seta, dopo aver scritto quel capolavoro
che è Oceano mare. Colui che, oltre
al fascino, ha sfoderato una serie di considerazioni sui segni di interpunzione
e gli emoticon tali da conquistare tutto il cucuzzaro e me, tua per sempre,
Alessandro. Ti bacio in bocca (se solo potessi).
Per il racconto completo rivolgetevi a
Spocchiagirl. Voglio di più di questa lista. Mi aspetto un post dal titolo: «Ti odio
:)», nel quale – spero – non potrai fare a meno di citare Paolo Giordano e il
punto e virgola, questo sconosciuto.
2 commenti:
Ohhh cavolo, mi ero dimenticata il famigerato punto e virgola!
Rimedia, rimedia!
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